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Saldi, da Centocelle le difficoltà dei negozi di quartiere: "Con lo smart working la gente non compra"

Intervista a Monica Paba, presidente della Rete impresa Castani e portavoce del Cais, coordinamento di piccoli commercianti e artigiani del Lazio

Sabato 1 agosto partono ufficialmente i saldi 2020. Posticipati di un mese per l’emergenza Coronavirus, arrivano dopo settimane di rincorsa agli sconti e dopo una stagione di vendite ‘normali’ saltata a causa della quarantena. Per capire come si avvicinano a questa fase i piccoli commercianti di quartiere Romatoday ha intervistato Monica Paba, presidente della Rete impresa Castani e portavoce del Cais (Commercio, Artigianato, Imprenditoria, Sociale), un neo coordinamento che riunisce circa 5mila piccoli commercianti, artigiani e imprenditori in tutto il Lazio.

Sabato 1 agosto prende ufficialmente il via la stagione dei saldi. Come arrivano le piccole imprese e i negozi di quartiere a questa fase?

Domani saranno dei finti saldi perché è stata permessa una deroga alla legge sulla vendita promozionale ed è un mese ormai che ci sono sconti. I saldi erano stati spostati al 1 agosto perché se fossero iniziati il 2 luglio nessuno di noi piccoli commercianti era nelle condizioni di effettuare una vendita promozionale però è stata permessa anche una deroga al divieto di effettuare promozioni nei 30 giorni precedenti. In questo modo è stata favorita la grande distribuzione. Senza contare che con lo smart working le persone lavorano da casa ed è venuta a mancare l’esigenza all’acquisto, come una camicetta per l’ufficio o delle scarpe nuove.

Inizia la ‘stagione dei saldi’ ma la ‘stagione’ precedente quest’anno è saltata...

Ci hanno permesso di aprire il 18 maggio con gli sconti per favorire le vendite ma noi piccoli commercianti la merce l’avevamo comprata a un pezzo normale. Puoi anche regalarle le cose se vuoi aumentare le vendite ma se poi non riesci a sostenere le spese vive della tua attività, a pagare affitto e gli stipendi non sopravvivi lo stesso. Al contrario, dovevano darci la possibilità di vendere le cose per due mesi a un prezzo normale e poi avviare i saldi. Anche perché appena riaperto, a maggio, abbiamo lavorato ma già il secondo mese il fatturato è crollato e abbiamo registrato il 50 per cento dei ricavi rispetto all’anno precedente.

Qual è la situazione a Centocelle?

Ci sono tanti negozi che, secondo me, non arriveranno alla fine dell’anno. Lo capiremo a ottobre che sarà un mese indicatore per l’economia italiana. Molte filiere si sono interrotte. Per esempio: sopravvivono i cocktail bar perché prendono una fascia d’eta giovane che, soprattutto in estate, è invogliata a uscire ma i ristoranti, con le regole per il contingentamento da rispettare, sono già più in difficoltà. Sui negozi invece pesa molto lo smart working: prima una persona andava a lavorare, usciva e passeggiando per strada e magari tornando a casa vedeva delle scarpe o una borsa da acquistare. Lavorando da casa questa filiera si è interrotta.

Confcommercio stima un crollo per le spese dei saldi: meno di 60 euro a testa di spesa, il 40 per cento in meno del solito. Sarebbe un disastro?

Queste cifre erano già gonfiate gli altri anni quando, in condizioni normali, i saldi veri e propri duravano due giorni. Quest’anno non vedo nemmeno questi due giorni. Come detto i negozi sono in saldo da due mesi e con lo smart working la fretta di andare ad accaparrarsi un oggetto o un capo di abbigliamento non c’è. Chi ha le seconde case, inoltre, si è già trasferito. La città si è svuotata. Senza considerare una cosa: le persone spendono meno perché non hanno soldi. Se prima lo stipendio di un commesso che lavorare 20 ore a settimana era di 900 euro al mese e la sua cassa integrazione oggi è di 320 euro cosa vuoi che spenda?

Che soluzioni si possono mettere in campo?

La soluzione che noi piccoli commercianti abbiamo trovato è, prima di tutto, quella di riunirci in un unico coordinamento per acquisire una coscienza di classe. Sotto la stessa sigla, Cais, riuniamo il commercio, l’artigianato e l’imprenditoria sociale. L’unione di queste differenze ci dà la forza di tentare un progetto di rinascita per Roma. Nei giorni scorsi abbiamo incontrato la sindaca Virginia Raggi e le abbiamo chiesto l’apertura di un tavolo, di un osservatorio permanente sul commercio, per elaborare una progettualità futura che garantisca uno sviluppo economico. La sindaca ha accettato e speriamo che l’invito arrivi al più presto.

Nei mesi scorsi avevate lanciato l’iniziativa la ‘Via degli Chef’, un evento culinario da vivere in strada poi saltato a causa del Coronavirus. Avete in programma di riprenderlo nei prossimi mesi?

Noi lo vorremmo confermare a settembre. Ovviamente non sarà possibile farlo come l’avevamo pensato e dovremo rispettare tutte le normative previste dalla regione per gli eventi pubblici. Andrà ridimensionato. Stiamo aspettando ancora che il municipio ci dia indicazioni in merito. Abbiamo in programma una seconda iniziativa per novembre, il Festival del cioccolato, ma se il municipio non ci dà indicazioni siamo bloccati. Lo abbiamo detto anche alla sindaca: Roma potrà rinascere solo ripartendo dai territori.

Da piccola commerciante che consiglio dà ai cittadini per i loro acquisti?

Il Covid 19 ci ha insegnato che il negozio di vicinato è stata una luce in un territorio desolato e ha permesso alle persone che non potevano uscire di casa di avere la spesa. Tantissime attività sono rimaste aperte e nessuno si è preoccupato dell’incolumità delle persone che hanno continuato a lavorare per fornire un servizio. Ricordiamoci delle persone che hanno lavorato per noi e apprezziamo queste realtà che tengono i quartieri illuminati e sono presidi di sicurezza sui territori. 

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