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Centocelle, L'Alveare ha chiuso: tra lacrime e rabbia, il municipio si riprende le chiavi

Le responsabili del municipio hanno acquisito le chiavi dei locali

Fuori le donne e i bambini con gli scatoloni. Dentro stanze vuote. L’Alveare, il coworking con spazio per i figli da 4 mesi a 3 anni di via Fontechiari 35, a Centocelle, ha chiuso i battenti questa mattina. Le responsabili dell’ufficio Patrimonio del V municipio hanno riacquisito i locali. Una riconsegna salutata tra le lacrime di commozione e gli applausi arrabbiati delle donne che all’Alveare “avevano trovato un luogo dove poter conciliare la vita di mamme e di lavoratrici precarie, autonome e atipiche”. Ma anche della gente del quartiere, “perché nel tempo questo posto era diventato un punto di riferimento per una comunità intera”. Con loro anche la consigliera regionale della lista civica per Zingaretti, Marta Bonafoni, e quello municipale di Sel, Stefano Veglianti. La chiusura lascia le tre educatrici, e socie della cooperativa, senza un impiego e otto mamme con bambini piccoli più altre 24 persone senza un luogo dove lavorare. 

L’appartamento al piano terra, che da questa mattina è tornato nelle mani del V municipio, era stato assegnato nel 2014 all’associazione Città delle mamme, poi diventata Genitori in città, dall’assessorato alle Periferie di Roma Capitale guidato da Paolo Masini. “Quando siamo entrate, i locali erano abbandonati da anni ed erano stati vandalizzati. Li abbiamo ristrutturati con i 30 mila euro di un bando vinto con Unicredit” spiegano le lavoratrici. La prima concessione dura 18 mesi. Poi il coworking ha successo e il municipio decide di prorogarla “fino a espletamento bando”. Viene anche creata una cooperativa, “perché la sola associazione non presentava una forma organizzativa adatta a fornire servizi”.

Nel gennaio del 2019 il municipio decide di rientrare in possesso dei locali. Obiettivo, fa sapere con una nota, è mettere a bando lo spazio. Inoltre contesta che l’assegnazione è scaduta il 30 novembre del 2015 e che l’associazione non ha i titoli abilitativi per lo spazio destinato ai bambini. Una versione contestata dalle responsabili dell’Alveare, che anche questa mattina hanno richiesto delle modifiche al verbale preparato dagli uffici del dipartimento. “L’assegnazione è stata rinnovata fino all’espletamento del bando che sarà promulgato dal Municipio V”, denuncia Serena Baldari, una delle socie della cooperativa. A testimonianza mostra il verbale del 30 novembre del 2015. Non solo. “Questi locali erano inizialmente destinati a uno spazio Be.Bi, un servizio simile ad un asilo, che necessita di una serie di requisiti e autorizzazioni. Il progetto, però, non è mai partito”, spiega ancora Baldari. “Il nostro è invece un coworking con spazio baby, non assimilabile a un nido, la cui innovazione è proprio nel fatto che i genitori lavorano nello stesso posto in cui vengono tenuti i figli”. Nulla, però, è servito a congelare la chiusura del coworking che oggi ha chiuso i battenti. 

“Sono posizioni inesatte, frutto di una strumentalizzazione”, afferma il presidente del municipio Giovanni Boccuzzi. “A noi dispiace che una realtà del genere venga chiusa dalla pubblica amministrazione, e non mettiamo in dubbio che si trattava di un servizio importante, però metteremo a bando quei locali oppure li utilizzeremo per attività istituzionali. Per poter avviare il bando devo avere i locali vuoti, per questo li abbiamo ripresi in consegna”. Tra le ipotesi, spiega Boccuzzi, “c’è l’idea di farci una ludoteca”. 

“Abbiamo più volte chiesto un incontro con il municipio ma siamo state ignorate”, denunciano Monica, Giulia e Roberta. “Da mamme e lavoratrici vorremmo chiedere alle istituzioni di questo territorio chi sostituirà questo servizio, perché Comune e Municipio non lo offrono”. L’Alveare “era uno spazio perfetto e non solo per la competenza delle educatrici. Per noi lavoratrici precarie, atipiche o autonome non ci sono altri servizi simili e il nido privato costa troppo. Senza contare il valore delle relazioni e della condivisione di un’esperienza difficile come quella di diventare genitori e dover imparare a conciliare i tempi di questa nuova vita con quelli del lavoro”.

Per la consigliera regionale Marta Bonafoni, che il 21 marzo aveva effettuato un sopralluogo insieme al vicepresidente della Regione Massimiliano Smeriglio, “quella di oggi è una pagina nera, che arriva nel bel mezzo di giornate gravose per la città di Roma”, afferma riferendosi ai fatti di Torre Maura. “La decisione assunta dal V municipio non ha alcun senso politico, tecnico e sociale”. Poi la proposta: “La Regione si impegnerà a salvaguardare il progetto per tutelare il lavoro dei genitori, l’autonomia delle donne e in sostegno delle periferie. Proporrò un emendamento alla legge sul diritto allo studio in discussione in queste settimane per dare una legittimazione normativa a progetti come quello de L’Alveare”. 

Il consigliere municipale Stefano Veglianti, che al tempo dell’assegnazione era assessore ai Lavori Pubblici, sostiene che il bando per i locali di via Fontechiari non può essere espletato in breve tempo. “Il Comune non ha più concluso l’iter burocratico. Per esempio, non è ancora stato calcolato il valore del bene in base al quale stabilire l’ammontare del canone. Per questo oggi non capiamo a quale scopo vengono svuotati questi locali. Come opposizione ci impegneremo affinché dentro a questi spazi resti un servizio come questo”.

Il 28 marzo del 2019 la giunta guidata da Giovanni Boccuzzi ha approvato una direttiva con la quale si dispone la messa a bando dei locali di via Fontechiari 35. Il documento richiama le Linee programmatiche per il governo di Roma Capitale 2016-2021, nelle quali viene richiesta "la piena utilizzazione del patrimonio immobiliare capitolino". Cita la delibera 140 del 2015 con la quale viene chiesto agli uffici “di recuperare la disponibilità degli immobili utilizzati senza un titolo valido". Per la Giunta, si legge sempre nel documento, i locali risultano "occupati dall'associazione l'Alveare", anche se il nome è Genitori in città. Anche in questo caso, viene contestata la mancanza di titoli autorizzativi per "l'attività relativa allo spazio Be. Bi.", nonostante L'Alveare sia un coworking e non un servizio sostitutivo dell'asilo nido. “La parte importante in una direttiva di giunta è la disposizione finale”, spiega Boccuzzi. “Abbiamo dato mandato ai nostri uffici di esplicare il bando al più presto”. Nessuno, però, ancora conosce quali attività riempiranno gli spazi di via Fontechiari 35, né quando. Spazi che da oggi sono vuoti.  

Centocelle, L'Alveare chiude i battenti

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