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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A rischio il centro Don Bosco: porte aperte solo per chi paga?

Il futuro del Centro di Accoglienza per Minori di via Prenestina è appeso a un filo. I fondi scarseggiano, sia privati che pubblici, e il servizio rischia una riduzione

Col piatto del bilancio che piange, i servizi sociali sono i primi a rimanere a bocca asciutta. Ma cosa si perde realmente a ridurre al minimo le forme di socio-assistenza sul territorio? Il Borgo Ragazzi Don Bosco di via Prenestina accoglie minori "a rischio" da oltre 60 anni e, visti gli scarsi finanziamenti, rischia di chiudere i battenti o di restringere il servizio a chi "può permetterselo". Vivono in condizioni di disagio, non vanno più a scuola, non hanno una famiglia alle spalle, alcuni delinquono, altri sono sotto provvedimenti penali. Ai ragazzi del Don Bosco, letteralmente "ripescati" dalla strada, viene offerto sostegno psicologico, oltre alla possibilità di portare a termine gli studi o di trovare un lavoro che gli permetta di riscattarsi.

CHI SONO E COSA OFFRONO -  “La storia del centro ha inizio nel ’91, quando la struttura era in zona Termini e i ragazzi venivano contattati dagli educatori di strada - ci racconta Alessandro Iannini, attuale responsabile della struttura - “in un secondo tempo sono iniziati i contatti diretti con i servizi sociali, con le scuole e con la giustizia minorile”. Ognuno dei ragazzi che arriva al centro ha una sua storia: sono stranieri, italiani, rom, alcuni provengono dai quartieri romani limitrofi, prenestino, centocelle, tor bella monaca, altri dalla parte opposta della città, molti fanno i conti con situazioni familiari ai limiti dell’immaginabile. Qualcuno sta scontando una pena che prevede misure alternative al carcere e si avvia a percorsi educativi della durata massima di tre anni. Nella diversità hanno però qualcosa che li accomuna: non vanno più a scuola e, chi più chi meno, vivono ai margini della legalità. La dispersione scolastica, ci spiega Alessandro, è “il fattore di rischio maggiore che porta i nostri ragazzi a delinquere ed è infatti sulla sfera educativa che si incentra il nostro lavoro”.  
 
CORSI DI FORMAZIONE -  Alfabetizzazione, recupero della licenza media, percorsi formativi orientati al lavoro che possano rappresentare alternative valide alla trasgressione. Il tutto personalizzato e tenendo sempre conto delle competenze e delle passioni del ragazzo. “Partiamo sempre da quello che a loro piace fare e da quello che sanno fare e cerchiamo di valorizzarlo - ci spiega Alessandro -  ad esempio se un ragazzo è abituato a rubare motorini certamente ci capisce di motori e allora perchè non instradarlo al mestiere?”. A questo scopo vengono organizzati corsi specifici di formazione per diventare meccanici, elettricisti, cuochi o, per le ragazze, estetiste. Quello che conta è “partire dai contenuti della vita del ragazzo”, il tutto unito a un’attenzione particolare per gli aspetti psicologici e relazionali. I minori vengono infatti seguiti dai volontari, quando possibile, anche fuori dalla struttura e mantengono un rapporto con loro che a volte dura negli anni. Ma andiamo al punto critico: da dove arrivano, o non arrivano, i fondi necessari per tenere in piedi la struttura?  
 

Centro Accoglienza Minori

 
RISORSE -   “Fino al 2007 abbiamo ricevuto finanziamenti dalla 285, la convenzione con il centro di giustizia minorile che ci forniva una retta per ogni ragazzo di 25 euro - ci spiega Alessandro - che tra l’altro è la stessa dal ’92 e vale solo finchè dura il provvedimento penale”. Dopodichè il centro è andato avanti grazie a un finanziamento della fondazione Vodafone che però, per l’anno che viene, non verrà rinnovato. E sul fronte istituzionale? “I municipi hanno scarsa autonomia nella gestione dei fondi, l’VIII ci ha assicurato un finanziamento per l’anno prossimo ma finchè non viene approvato il bilancio comunale non sappiamo niente e non possiamo programmare niente”. Il problema si aggrava in quanto “il pubblico non gestisce servizi del genere direttamente ma solo appoggiandosi con convenzionI a istituti come il nostro”. L’unica cosa che resta da fare “è provare con forme di autofinanziamento, come, per esempio, il ristorante solidale che abbiamo avviato e che ci consente di tirare su qualcosa”. 
 
La fiducia non manca ma il futuro del centro è appeso a un filo. Nella migliore delle ipotesi, il criterio con cui verranno scelti i ragazzi potrebbe passare dal “chi ha più bisogno” al “chi ha o non ha alle spalle qualcuno che paga”.
 
 
 
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