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Tor Sapienza Tor Sapienza / Piazza Cesare de Cupis

Tor Sapienza: "No alla guerra tra ultimi e penultimi. Fermiamo la bomba sociale"

In Piazza de Cupis un'assemblea organizzata dalla Rete Territoriale Roma Est per riflettere sui fatti di viale Morandi. "Colpa di scelte politiche sbagliate condivise da destra e sinistra", dicono i manifestanti che sul tema dei nomadi non hanno dubbi: "Bisogna superare il campo"

Un no secco alle speculazioni politiche, alla guerra "tra gli ultimi e i penultimi", alle scelte miopi che hanno reso Tor Sapienza la banlieu della Capitale. In Piazza De Cupis, a Tor Sapienza, si prova a riflettere a mente fredda sui fatti di viale Morandi. L’occasione è un assemblea pubblica organizzata dalla Rete Territoriale Roma Est, associazione che raccoglie diverse realtà culturali, sociali e politiche attive tra il IV e il V Municipio "con la volontà di lavorare in comune accordo per determinare una migliore convivenza con le comunità Rom, Sinti e Camminanti e per perseguire una Nuova Politica che cambi radicalmente rotta con le precedenti amministrazioni della città di Roma", leggiamo nel comunicato diffuso dai promotori.

Un’assemblea piuttosto gremita quella di Piazza de Cupis, in cui non si è parlato solo di nomadi, bensì più in geneale dei fatti di viale Morandi e dei problemi del territorio. A prendere la parola per primo è stato Paolo di Vetta, leader dei movimenti per il diritto all’abitare che ha esortato i presenti a non vedere solo la 'pagliuzza' degli scontri tra residenti e rifugiati. 

RIPARTIRE DAL TERRITORIO - "È necessario approfittare di questa attenzione mediatica per ripartire dai problemi che ci sono nel territorio che sono problemi molto seri - ha detto di Vetta - Sono ad esempio la possibilità di arrivare al centro della città, sono problemi legati alla mobilità sempre più difficile, al taglio delle linee degli autobus, all’amianto disseminato in tantissimi pezzi del territorio che andrebbe bonificato".

I COLPEVOLI - Secondo di Vetta più che raccontare la violenza e gli scontri "bisogna interrogare i colpevoli della situazione in cui ci troviamo. Abbiamo voluto fare a tutti i costi quest’assemblea perché vogliamo dire che quando si apre un centro come quello di viale Morandi in un territorio già in sofferenza si commette un grosso errore che poi ricade sulla cittadinanza. La stessa questione vale per i campi nomadi, noi pensiamo che continuare a sostenere con milioni di euro i campi nomadi fuori dalle città sia una scelta profondamente sbagliata ma portata avanti in questi anni sia da amministrazioni di centro destra che di centro sinistra". 

NO ALLA SPECULAZIONE -  "Ma non troveremo nessuna soluzione - ha ammonito il leader per la lotta alla casa - se ci affidiamo a governanti come Alemanno che è venuto in questi quartieri dopo aver governato per cinque anni. E la stessa cosa vale per il centro sinistra. Molti degli abitanti di viale Morandi hanno fatto la lotta per il diritto alla casa negli anni ’70 per cui sanno che cos’è la solidarietà, sanno cosa significa vivere corpo a corpo con una quotidianità difficile. Come si fa oggi a dire che gli ultimi combattono contro i penultimi? E’ un errore madornale". 

SUPERARE I CAMPI - Il microfono è toccato poi a Carlo Gori del centro culturale Giorgio Morandi che ha parlato del futuro dei campi di via Salviati e in prospettiva degli altri stanziamenti della Capitale. Come anticipato da di Vetta la sfida lanciata dalla Rete Territoriale Roma est è quella di superare i campi. "Possibile che si parli sempre di privilegi ma nessuno si accorga che i nomadi non stanno poi tanto bene? Che anche se hanno dei soldi non possono spenderli perché nessuno è disposto ad affitargli una casa? Nei campi - ha affermato Gori - prevale un sentimento di chi si sente minoranza emarginata e senza futuro. Una condizione che incentiva la ricerca di reddito con espedienti non sempre legali". 

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